Disamparàdu – testo di Simona Spinella

Disamparàdu

In lingua sarda abbandonare, abbandonato e abbandono si traducono rispettivamente in disamparare, disamparadu, disamparu, parole non lontane dal verbo disimparare. 

Verbo derivato da imparare, il cui prefisso intende la perdita della conoscenza di qualcosa, che si rafforza anche nei suoi sinonimi: disapprendere, dimenticare, scordare. 

Ma cosa abbiamo disimparato? Abbiamo disimparato a prenderci cura dei luoghi caratterizzati dalla capacità di tradurre un bisogno collettivo negli “edifici della cura” quali sanatori, colonie, scuole, orfanotrofi, etc. 

Abbiamo forse disimparato a imparare?

Una riflessione che diviene denuncia attraverso le immagini di Luca Centola che nel territorio sardo esplora luoghi con un’ottica diversa. Ci conduce in architetture funzionali che ci parlano di riscatto e di recupero. Un’indagine fotografica che ha lo scopo di determinare lo stato e la realtà dei fatti, in cui insieme a Centola, entriamo in ambienti dove ogni elemento, nonostante l’abbandono, è vivo al pensiero o alla vista. Ogni oggetto fotografato, ogni ambiente, ha un potere fortissimo, ci spingono a trattenere lo sguardo. Il taglio fotografico, l’uso della luce a squarci, i colori, ci permettono di distinguere ciò che è posto innanzi ai nostri occhi, ci permettono di distinguere gli oggetti che divengono metafora della dispersione e dell’abbandono. 

Gli spazi sono in uno stato di quiete sono rimasti in equilibrio nonostante il trascorrere del tempo. Nelle opere echeggiano i cauti passi che ha compiuto per non lasciare traccia della sua presenza, per non alterare lo stato. 

Vedute d’interni che ci imprigionano in questi mondi interiori, in cui siamo invitati a rimanere sull’uscio e diventare testimoni silenti di esistenze. È così che li ha trovati e ritratti, Centola è divenuto testimone di una condizione di nuova costruzione di significati in cui, paradossalmente, sono gli spazi che insegnano, che divengono il participio presente plurale del verbo educare. Divengono educanti.

Scrivono nuovi alfabeti attraverso gli oggetti presenti negli spazi, in cui il caos è divenuto l’elemento ordinatore. 

Divengono evocazione spettrale della dimenticanza anche grazie alla luce che trasforma gli oggetti familiari (poltrone, cattedre, sedie, libri, culle, letti etc.) in oggetti metafisici che ci appaiono stranamente irreali. Sono scorci di stanze, in cui complice il gioco di punti di vista abbiamo la possibilità di essere spettatori di un tempo che appartiene alla memoria. 

Le immagini sono il racconto di un viaggio, un Grand tour contemporaneo in Sardegna in cui elimina gli scenari, non mostra mai gli edifici in rovina dei luoghi disamparados. Il suo itinerario è un’indagine sul campo, che ha tracciato esplorando siti di archeologia industriale.

Simona Spinella

La mostra di fotografie di Luca Centola è visitabile dal giovedì alla domenica dalle 18 alle 20 fino al 13 aprile.